Marrakech

Il Marocco tra riad e mercati

Marrakech: dall’unicità della Piazza Djemaa el-Fna ai colorati e caotici souk, dai Jardin Majorelle al nuovo Musèe de l’art Culinaire Marocain, benvenuti in una delle città più importanti del Marocco, dove tradizioni millenarie si fondono con stili e visioni contemporanee, disegnando una destinazione turistica unica nel suo genere.

Da sempre Marrakech è una delle città più affascinanti del Nord Africa, anzi si può dire che è tre città in una, ciascuna con proprie peculiarità e con un proprio linguaggio:

Prima fra tutte l’ antica medina e la sua incomparabile piazza dichiarata dall’UNESCO “Patrimonio orale e immateriale dell’umanità”,  poi Guéliz, la città moderna di fondazione coloniale e infine la città globale dei resort e degli innumerevoli campi da golf. 

Grande metropoli berbera, Marrakech ha avuto il privilegio di essere una città imperiale, così come Fès, Rabat e Meknès, e il suo grande passato è testimoniato dalle maestose costruzioni che contribuiscono a farne la capitale turistica marocchina. Le sue origini berbere si riflettono in quel senso di instabilità e di precarietà (ovunque in medina c’è qualcosa che viene rifatto, ricostruito, demolito, rifatto di nuovo) che è tipico delle tribù nomadi.

Questa città racchiusa dalle mura è  una città senza facciate, o meglio con le facciate ribaltate, tutte rivolte all’interno dei patii che incorniciano il cielo.

Il richiamo del muezzin scandisce a ore precise i ritmi delle giornate che si svolgono al di sotto dell’alto minareto della Koutoubia, uno dei simboli religiosi della città, che con i suoi settanta metri è l’edificio più alto e il limite insuperabile in altezza, punto di riferimento perché visibile anche dal deserto. E al tramonto l’appuntamento è nella magnetica e caotica Place Djemaa el-Fna, il cuore pulsante della città dove s’incontrano incantatori di serpenti, venditori d’acqua e tatuatrici  all’henné che alla sera fanno spazio alle bancarelle alimentari in un odoroso fermento di griglie e vapori.

Per molti viaggiatori la piazza si presenta come una sorta di macchina del tempo e infonde un sentimento di memoria profonda,  involontaria, ancestrale, una sorta di  “déjà vu”.

Come dice Elias Canetti nel suo libro Le voci di Marrakech: “da lì non potevo andarmene, ci ero già stato centinaia di anni prima, ma lo avevo dimenticato, ed ecco che ora tutto ritornava in me.  Trovavo nella piazza l’ostentazione della densità, del calore della vita che sento in me stesso. Mentre mi trovavo lì, io ero quella piazza. Credo di essere sempre quella piazza”.

Per quanto contaminata dall’afflusso dei turisti, verso il tramonto sono ancora tantissimi gli abitanti della medina, o quelli che vengono da più lontano , che vi si recano come si fa da centinaia d’anni, per godere dello spettacolo sempre uguale e sempre diverso dei cantastorie, dei musici, dei prestigiatori e degli indovini.  E la sensazione è quella che sarà così per sempre, per tutti gli anni a venire…

Ma Marrakech è anche uno dei centri nevralgici del commercio marocchino: qui infatti si possono trovare circa 20 souq che raccolgono il meglio dell’artigianato locale tra cui tappeti berberi, cappelli di lana e spezie.

Conosciuta anche come “Città Rossa” per la colorazione dei vari edifici, Marrakech è oggi famosa anche per la sua parte più moderna, la Ville Nouvelle, dove si alternano invece caffè, negozi di lusso e giardini: tra questi da non perdere i giardini Majorelle, progettati dal pittore francese Jacques Majorelle nel 1931, durante il periodo coloniale ed in seguito acquistati dallo stilista Yves Saint Laurent.

Tutto in modo discreto, celato nei riad protetti dalle alte mura rosse della Medina